VENERDI', 13 MAGGIO 2022
L'appellativo di "Padre" è pieno di affetto e di tenerezza: è il termine proprio della Rivelazione. I popoli chiamano la loro terra "patria". Ci sentiremmo a casa nostra nella casa del Padre, ci sentiremmo a nostro agio, rassicurati. Tommaso chiede: "Come possiamo conoscere la via?". Cristo risponde: "Io sono la via". Cristo non viene per se stesso, ma per noi. La sua casa è la nostra casa, suo Padre è nostro Padre. Noi non camminiamo da soli, non camminiamo senza guida. È tutto ciò di cui ha bisogno il pellegrino: la Via, la Verità e la Vita. L'annuncio della propria partenza fatto da Gesù nel contesto dell'ultima cena ha profondamente scosso i discepoli. Devono affidarsi al Padre continuando ad affidarsi al Figlio, trasformando la loro fede vacillante in qualcosa di compiuto. Gesù annuncia che lascerà questo mondo ma la sua dipartita è un'ottima notizia, perché è il preludio al suo ritorno alla fine dei tempi. Questa seconda venuta corrisponderà al trasferimento dei discepoli nella piena e perfetta comunione con Dio, dove saranno liberati dalla precarietà e dalle insicurezze terrene. La morte di Gesù non chiude l'esperienza dell'essere suoi discepoli, anzi, apre lo spazio a un nuovo tratto di percorso in cui vivere un rapporto eterno e indistruttibile con la sua persona. Gesù è presenza di Dio e, proprio per questo, è anche l'unico luogo della vita vissuta in pienezza. Non c'è modo di accedere al Padre se non per mezzo di Lui. Ogni parola data è un pezzo della propria libertà offerta all'altro, un pezzo di vita dato perché la vita futura dell'altro sia garantita. Ci vuole coraggio. Bello che Gesù, mentre invita alla fede i discepoli, accompagni l'incoraggiamento con una promessa: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi». La sicurezza del futuro per i discepoli non è il posto garantito, ma Gesù garante, il suo volere per loro la vita piena, la gioia eterna.
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